GdL - "Guerra e Pace" - Terza Tappa: La Storia

 Gruppo di Lettura
"Guerra e Pace"
Terza Tappa: La Storia



Ciao a tutti lettori,
eccomi qui con il terzo appuntamento del Gruppo di Lettura tenuto assieme ad Amaranth de La Bella e il Cavaliere. Perdonatemi per il ritardo, ma ci siamo ritrovate entrambe abbastanza impegnate e abbiamo deciso di rimandare la pubblicazione del post. In caso non conosciate il nostro GdL vi rimando al post di presentazione.

Detto ciò io oggi mi presento a voi con un approfondimento che mi affascina particolarmente, quello sulla Storia. La concezione tolstojana della storia è estremamente interessante, nonché decisamente complessa e difficile da riassumere in un semplice post. Questo perché, sebbene Tolstoj ripeta costantemente le sue riflessioni su questo tema, ad ogni ripetizione vi aggiunge qualcosa d nuovo. Dunque avendo appena terminato il Libro Terzo non ho ancora un quadro completo e al contempo le informazioni che ho già adesso sono paurosamente numerose.

Ma direi di partire dal principio, ovvero dalla prima menzione della Storia presente nel Libro Secondo, Parte Terza. Qui la Storia viene divisa in due: la Grande Storia, ovvero quella condotta dai "grandi uomini" che compiono azioni grandiose e operano dei cambiamenti significativi ai quali si assocerà sempre il loro nome e la Piccola Storia, ovvero quella della gente comune che vive la guerra, il conflitto, la rivoluzione, le tensioni sociali in modo completamente diverso. Ecco, l'autore si pone subito dalla parte del popolo, mettendo in evidenza il contrasto spesso presente tra gli avvenimento tremendi e sanguinolenti del campo di battaglia e la vita dei civili che prosegue allo stesso modo o che a volte è proprio l'opposto, in quanto essi sembrano contrapporre felicità, gioia, balli e musica alla morte sul campo, per tentare di tenere lontano appunto il pensiero della morte. Lo stesso concetto viene poi ripreso nel Libro Terzo, Parte Seconda dove Mosca, all'approcciarsi del nemico si trasforma in un paese festante.

Man mano che il nemico si avvicinava a Mosca, i moscoviti non solo parevano non rendersi conto che la loro situazione era diventata più difficile, ma al contrario, sembravano ancor più spensierati, come sempre accade a coloro che vedono approssimarsi un grave pericolo.

Da qui si sviluppa il pensiero dell'autore che diventa più complesso concentrandosi sulle dinamiche storiche e sul modo in cui vengono interpretate, ma prima apre il Libro Terzo con una riflessione molto intensa:

Il 12 giugno gli eserciti dell'Eruropa occidentale attraversarono il confine russo, e cominciò la guerra; accadde cioè un avvenimento contrario alla ragione e a tutta la natura umana. Milioni di uomini commisero, l'uno contro l'altro, una così smisurata quantità di atti criminali, di inganni, di tradimenti, di ruberie, di emissioni di monete false, di rapine, di incendi e di assassinî, quale la cronaca di tutti i tribunali del mondo non riuscirebbe a scrivere per secoli interi, senza tuttavia che gli individui che avevano compiuto scelleratezza tanto mostruose li considerassero delitti in quel periodo di tempo.

Vi avevo già ciato questo passaggio per mettere in evidenza come Tolstoj fosse palesemente contro la guerra, ma analizzandolo da un punto di vista storico l'autore vede nel conflitto un abominio, sebbene questo non sia considerato come tale dagli artefici nel momento della perpetrazione.

Passa poi a discuterne le cause, focalizzandosi sul fatto che gli storici vedano soltanto una minima parte della realtà e come ognuno di loro proponga una causa vedendo in essa l'unico motivo dello scoppio della guerra. (A questo proposito Amaranth mi ha fatto notare come Tolstoj faccia
direttamente riferimento ai resoconti storici del tempo e alla visione degli eventi, mettendone in evidenza il contrasto con le proprie riflessioni.) In realtà si tratta di tanti piccoli avvenimenti che, sommandosi gli uni agli altri, danno vita ad un effetto valanga e portano allo scoppio del conflitto. Non esiste dunque una motivazione unica e non è nemmeno corretto dire che questa supposta ragione sia legata ad una singola persona o ad una fraintendimento tra singoli individui. Questa legge viene chiamata legge della retrospettività e viene spiegata dall'autore come segue: rappresenta tutto il passato come una serie di preparativi per un evento che si è poi attuato.
Aggiungiamoci poi che nessuno dei motivi proposti giustifica la guerra e la morte di così tante persone. Infatti:

per noi posteri, che possiamo esaminare in tutta la sua enorme vastità l'avvenimento che si era compiuto, che possiamo comprenderne la semplicità e il senso spaventoso, tutte queste cause sono insufficienti. Non possiamo capire come milioni di uomini, di cristiani si siano uccisi e tormentati l'un l'altro solo perché Napoleone era bramoso di potere, perché Alessandro era irremovibile, perché la politica dell'Inghilterra era astuta e il duca di Oldenburg era stato offeso.

Non esiste causa che possa giustificare la guerra. Ma ciò che ha portato al combattimento è stato un concatenarsi di piccole azioni, che prese singolarmente risultano insignificanti.

Ogni causa, od ogni serie di cause, presa isolatamente ci appare ugualmente di per se stessa giusta, e insieme falsa per la sua miseria e nullità in confronto con l'enorme vastità dell'avvenimento, ch'essa non avrebbe potuto produrre se non ci fosse stata la concomitante partecipazione di tutte le altre cause.

Nel ragionamento di Tolstoj vi è poi un passaggio con il quale non mi ritrovo d'accordo, vi rivedo un che di fatalistico, di credo in una provvidenza e in un disegno divino che imprigiona l'uomo. Infatti egli sostiene che ogni avvenimento storico si è compito perché doveva compiersi, perché era prestabilito e quindi si sarebbe compito indifferentemente dalle giustificazioni che gli vengo attribuite in quel momento o in seguito.

L'avvenimento si è compito solo perché doveva compiersi.

Mi distanzio completamente da questo pensiero, ma esso è un punto fondamentale della riflessione dell'autore sulla Storia. Da qui egli riprende il discorso iniziale della Piccola Storia, incentrandosi in questo caso sui soldati. Sebbene si parli sempre delle grandi figure storiche come napoleone e l'imperatore Alessandro, in realtà non sono loro ad aver mosso la storia. Anzi, sono i singoli soldati che agendo in contemporanea hanno reso possibile il combattimento. Se in loro non ci fosse stato il desiderio di difendere la propria patria, i grandi condottieri non avrebbero potuto fare nulla.

Era necessario che milioni di uomini nelle cui mani stava la vera forza, e cioè i soldati che sparavano e che trasportavano cannoni e approvigionamenti, fossero d'accordo per compiere la volontà di individui isolati e deboli [...].

Vedete quindi quanta poca importanza venga data ai Grandi Uomini, le figure storiche che tutti conosciamo. Questi vengono visti come deboli, perché senza un esercito che condivida ed esprima la loro volontà essi non sono niente. 

Ma è poi per volontà di questi uomini che si compie la Storia? Sono davvero loro a decidere di far scoppiare una guerra, siglare un trattato, iniziare una rivolta ecc. ? Per Tolstoj no. Il libero arbitrio in un contesto storico non esiste. L'uomo non è più sé stesso, ma è soltanto uno strumento della Storia, che lo utilizza per i suoi fini. Egli crede dunque di compiere la propria volontà, quando invece sta portando a compimento quella della Storia. Questo vale sia per la massa dei soldati sia per i grandi condottieri, che vengono utilizzati solo come etichette da appicciare su determinati avvenimenti storici.

Ogni loro azione, che essi credono volontaria, in senso storico è involontaria e si trova legata a tutto il corso della storia e predeterminata da sempre.

La visione contraria, ovvero quella dei grandi uomini che sono davvero i fautri della Storia e attuano grandi cambiamenti storici si può invece rivedere nella tradizione che ci deriva dagli antichi, che però Tolstoj confuta tenacemente.

Gli antichi ci hanno lasciato modelli di poemi eroici in cui gli eroi accentrano tutto l'interesse della storia, e noi ancora non riusciamo ad abituarci all'idea che , per il nostro tempo, una storia di questo tipo è completamente insensata.

Si veda tra l'altro come si parli di "scopi dell'umanità". Lo scopo del singolo viene espresso attraverso le azioni di un gruppo di uomini i quali essi stessi non agiscono per volontà propria all'interno della massa, ma compiono i desideri dell'intera umanità e perciò della Storia, il cui percorso era già stato fissato indifferentemente dalle decision degli uomini. In quest'ottica i grandi uomini sono i più insignificanti di tutti, ma anche i soldati lo sono, solo leggermente meno, perché sono loro il braccio della Storia.

L'uomo vive consciamente per sé, ma è nello stesso tempo lo strumento inconscio per il raggiungimento di scopi storci di tutta l'umanità.

La storia, cioè la vita inconscia, comune, da sciame dell'umanità si serve di ogni minuto della vita dei re come strumento per i suoi scopi.

Come già menzionato, Tolstoj ripete i suoi ragionamenti all'infinito, perfezionandone la forma e aggiungendovi dettagli. in particolare esprime molto bene quel senso di inutilità che vi spiegavo, quindi non solo il fatto che tutti gli uomini siano solo marionette di cui la Storia tira i fili, ma anche come la loro insignificanza aumenti man mano che si sale di grado e di classe sociale. Dunque il contrario rispetto alla storia come la studiamo noi e ai grandi condottieri ai quali riconduciamo tutto.

Convinti di sapere bene quello che volevano e di agire per se stessi [...] in realtà tutti erano invece solamente strumenti involontari della storia ed eseguivano un compito di cui essi non si rendevano conto, ma che noi comprendiamo. Perché questa è la sorte immutabile di tutti gli uomini d'azione i quali sono tanti meno liberi quanto più in alto si trovano sulla scala della gerarchia umana.

Egli arriva poi a menzionare direttamente il disegno divino per lui presente nella Storia, ovvero il fatto che ogni singola azione faccia parte del piano provvidenziale di Dio e sia dunque prestabilita. L'uomo segue dunque una strada prefissata, un disegno che a lui rimane oscuro ed imperscrutabile.

La Provvidenza ha costretto tutti questi uomini, pur nello sforzo di raggiungere i loro scopi personali, a collaborare al compimento di un unico grande risultato, del quale nessuno, né napoleone né Alessandro né, ancor meno, qualcun altro dei partecipanti alla guerra poteva avere la più piccola idea.

Riprendendo poi il concetto delle diverse cause, Tolstoj fa riferimento anche a ciò che accade prima della fine del conflitto, ovvero le diverse previsioni su come andrà a finire. Anche in questo caso vi sono moltissime ipotesi, però stavolta tra le tante una sarà per forza giusta e ci sarà sempre quella persona che dirà di averlo compreso fin dall'inizio.

Sull'esito di qualsiasi avvenimento sono tante e tali le previsioni, che in qualsiasi modo questo evento poi si attui, si trova sempre della gente che dice:<<Avevo detto fin da allora che sarebbe accaduto così>>, dimenticando che, fra le innumerevoli supposizioni, c'erano anche quelle del tutto opposte.

Indicativo però come certi personaggi sembrino rendersi conto di agire per uno scopo più grande di loro e comprendano che la loro volontà non ha valore. Interessante l'esempio di Kutuzov che si sente costretto a portare il suo esercito nella battaglia, sebbene egli non lo voglia.

Egli capisce che vi è qualcosa di più forte, di più importante della sua volontà: l'inevitabile corso degli eventi.

E la volontà unanime, quella dell'umanità viene attuata dai soldati, come sappiamo.

Sapeva [...] e capiva [...] che un solo uomo non può dirigere centinaia di migliaia di uomini che lottano con la morte; sapeva che la sorte del combattimento non viene decisa dal comandante supremo e dalle sue disposizioni, né dalla posizione occupata dalle truppe e neppure dalla quantità dei cannoni e dei morti, bensì da quella forza inafferrabile che si chiama morale dell'esercito.

Torniamo infine alla Piccola Storia, quella dei soldati nei momenti di pausa e quella del popolo. I soldati sono il braccio della Storia, ma al di fuori del disegno più grande sono solo uomini che si trovano in situazioni logoranti tremende ed orribili e che tentano di scamparvi concentrandosi su altro, sui loro discorsi e i loro problemi personali o anche solo su cose insignificanti per scampare all'orrore del massacro.

Ma l'attenzione di tutti era specialmente concentrata su fatti secondari che non avevano nessun rapporto col combattimento: sembrava quasi che l'attenzione di quegli uomini stanchi, stremati moralmente e fisicamente, cercasse un riposo negli avvenimenti familiari della vita quotidiana.

Di questa Storia fanno parte anche i protagonisti, nei quali vi sono alcune dinamiche che si ripetono ciclicamente. In Andrej e Nikolaj possiamo vedere l'ammirazione per l'imperatorore Alessandro in un caso e per Napoleone nell'altro e il desiderio di sacrificarsi per questi grandi uomini, poi sostituiti da una grande delusione che li fa cadere dal piedistallo. Entrambi poi vivono gli orrori della guerra con paura, disgusto e ribrezzo, per poi diventarvi quasi immuni o almeno temprati. Ma non vi svelerò tutto, per dettagli sui personaggi e su cosa è accaduto in questo Terzo Libro, dovete passare da Amaranth.

Noi ci vediamo alla prossima tappa, ma intanto buona lettura del Quarto Libro!

Cosa ne pensate della visione della Storia di Tolstoj?
Non vi sembra estremamente affascinante? Non si tratta di un semplice ripetersi ciclico di eventi, ma di tenti avvenimenti che si sommano gli uni agli altri e provocano un risoltato che non dipende dalla volontà umana.
















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