La Chiacchierata del Lunedì VI - libri sfidanti
La Chiacchierata del Lunedì
Ciao a tutti lettori,
da quant'era che non facevamo una chiacchierata? Troppo, davvero.
Mi dispiace non aver aggiornato questa rubrica per così tanto tempo, ma l'idea per questa era nata dal mio bisogno di tirarmi su il morale il lunedì. Sapete quanto può essere terribile questo giorno quando si va a scuola o al lavoro. Con l'arrivo del virus e il conseguente isolamento non ne ho più sentito il bisogno, i giorni sembravano tutti uguali, si distinguevano solo a causa delle verifiche o delle interrogazioni, ma i lunedì avevano perso il loro potere. Non dico che adesso lo abbiano riacquisito, perché sono finalmente in vacanza, ma sentivo il bisogno di discorrere con voi.
Come al solito vi invito leggere il primo post, prendere una tazza di tè e unirvi alla discussione, la mia scelta per oggi è tè nero al limone e zenzero. Se vi dà fastidio il tè caldo in estate prendetelo freddo, va bene comunque.
Oggi volevo parlarvi di quei libri che rappresentano una vera e propria sfida, quelli che per un motivo o per un altro sono considerati come molto impegnativi, impossibili da leggere, difficili. In genere i libri così classificati attirano i lettori perché ci piace accogliere una sfida simile, pensiamo sempre "Si dice che nessuno abbia mai terminato questo libro? Io ce la farò". Ma badate bene, non si tratta di manie di grandezza, è un divertimento, una sfida con se stessi più che con gli altri, per mettere alla prova le proprie abilità di lettori e vedere quanto in là si riesce ad andare. Non dico che accada la stessa cosa per tutti, ci sono altri lettori che sentendo parlare di questi libri si impauriscono e si rifiutano di leggerli o altri che non ne vedono la necessità. Ma vi assicuro he buona parte dei lettori forti non rinuncerebbe mai ad una sfida simile.
Sto parlando di libri come "l'Ulisse" di James Joyce considerato come un mostro letterario, un libro di oltre mille pagine pieno di flussi di coscienza, di rimandi mitologici, estremamente difficile da seguire perché privo di un vero e proprio filo conduttore. Si narra che nessuno sia mai riuscito a finirlo e quelli che ce l'hanno fatta non l'abbiano compreso appieno. Si deve essere degli intellettuali, delle persone acculturate per inoltrarsi nei meandri dell'opera di Joyce (nel senso che questi sarebbero i lettori ideali, il pubblico a cui era destinato), se ci si avvicina ad essa solo in quanto persona colta, nel senso di persona che ha studiato sembra che non si riuscirà a giungere ad un livello di comprensione altrettanto profondo. Ma per questo arriva in soccorso "The Annotated Ulysses", ovvero l'edizione co le note che permettono al lettore di capire anche questi passaggi che ad una prima lettura gli risultano incomprensibili. Purtroppo non ne ho trovato un corrispondente italiano, sembra che non esista, ma se voi ne siete a conoscenza avvisatemi. Tornando al nostro discorso, si tratta di un libro difficile, di sicuro, lo si potrebbe anche definire lento, pesante , prolisso, ma ha in sé un qualcosa che affascina, che ci fa dire "ci devo almeno provare". Io stessa ho deciso di leggerlo, faccio parte di quei lettori a cui piacciono le sfide, l'avevo iniziato l'anno scorso, per poi non proseguire più, poi quest'anno l'ho studiato a scuola durante Inglese e mi è tornato l'entusiasmo. Ho intenzione di mettermi a leggerlo con grande impegno, procurandomi l'edizione Inglese e quella Inglese annotata oltre a quella Italiana che possiedo già. So che ci impiegherò un sacco di tempo per sviscerarlo, ma sono fermamente convinta nel mio intento di leggerlo e terminarlo. Vedete gli effetti della reputazione di quest'opera? Ma non si tratta solo di questo, la storia mi interessa moltissimo, i flussi di coscienza mi sono sempre piaciuti, il mythical method è estremamente affascinante, insomma non vedo l'ora di addentrarmi in questa lettura.
Nella stessa categoria possiamo inserire "Il Nome della Rosa" di Umberto Eco. Forse fa meno paura, ma è complesso, davvero molto. Se inizialmente può essere presentato come un giallo ambientato in un monastero, poi si viene a scoprire che è pieno di digressioni sulla situazione politica e religiosa del 1300, con l'aggiunta di citazioni in latino. La storia è molto più complessa di quel che sembra, ma è anche estremamente coinvolgente, anche per me che non nutro un grande interesse per i gialli. Può risultare molto pesante e lento però, tanto che spesso i lettori non ci si vogliono approcciare se non costretti da cause di forza maggiore, come è accaduto per me. Ho dovuto leggerlo come lettura obbligatoria per Italiano, non ne sono stata felice, le dicerie sul suo conto si sono rivelate veritiere, è davvero molto lento e pesante nella mia esperienza personale. Non mi dimenticherò mai le tre pagine di digressione sulle eresie, stavo per lasciar perdere la lettura; se non fosse che non potevo. Si tratta di uno di quei libri che però ti coinvolgono, anche se non vuoi arrivi ad essere curioso di scoprire il colpevole e vai avanti, soffrendo per le digressioni, ma prosegui. A tanti in classe mia è piaciuto, io non mi classifico tra questi, ma non posso nemmeno dire di averlo odiato, rispetto questo libro per la sua capacità di coinvolgimento. Tanti dicono di averlo letto, si tratta di un pilastro della letteratura italiana, ma pochi l'hanno letto davvero. Una sfida? Forse.
Proseguiamo con "Guerra e Pace" di Lev Tolstoj. Se "l'Ulisse" rappresenta il colosso della letteratura irlandese questo volume qui è il suo corrispondente russo. Un tomo di più di 1100 pagine, dipende dall'edizione, quella in mio possesso ne conta 1191, ma se ne trovano anche da 1440-1500. Come dicevo, dipende dall'edizione e soprattutto dalla grandezza del carattere. Un libro che è un'impresa leggere, che ci porta a seguire le vicende di una famiglia durante le guerre napoleoniche, passando dal campo di battaglia alle feste dell'aristocrazia, esplorando l'instaurazione e la rottura di legami tra i molteplici personaggi e destreggiandoci tra le svariate lingue utilizzate da essi. Sto leggendo anche questo, non ne sapevo nulla, ma mi attirava troppo, credo di essere affascinata dai libri lunghi. Mi stava appassionando, certo c'erano parti molto lente, altre meno interessanti, ma nel complesso rappresentava un'esperienza sconvolgente. Per il momento ho trovato l'impiego di lingue quali il russo, il tedesco, il francese, l'italiano e l'inglese, tutte con le traduzioni nelle note a piè di pagina, ma anche queste aggiungono complessità all'opera, rallentano il ritmo di lettura, riflettono una certa caratteristica del personaggio che le utilizza e sono un esercizio di comprensione se le si conosce. Purtroppo ho sempre la stessa reazione, dopo un po' mi stanco di fronte ad una lettura così ardua e la metto in pausa, ma mi si stava aprendo un mondo, soprattutto per quanto riguarda la rappresentazione della guerra, non ho mai letto nulla di simile. Avevo iniziato a parlarvene qui.
Passiamo ora a quei libri in cui la fonte di scoraggiamento non è la complessità dei contenuti né la lunghezza dell'opera stessa, bensì l'impaginazione e la struttura. Sto parlando di letteratura ergodica, ovvero quella in cui si rifiuta qualsiasi trama lineare e impaginazione standard, in cui le parole possono essere scritte al contrario, disposte a formare calligrammi o barrate, dove gli appunti a bordo pagine raccontano tutta un'altra storia e nel libro sono inseriti indizi che solo il lettore attento potrà cogliere. Questa tipologia di libri fa paura, non lo esprimo come una possibilità, ne sono certa, impaurisce. Persino per i lettori impavidi trovarsi di fronte ad un libro che non rispetta le regole base di ciò che comunemente chiamiamo "libro" lascia momentaneamente spaventati. Poi si può riuscire ad affrontare questa pura oppure decidere di ignorarla e restare nel comfort dei libri "normali".
Iniziamo da un esempio di cui forse avrete sentito parlare, "S. La Nave di Teseo" di J.J. Abrams e Dough Dorst. Si tratta di un libro assurdo, ma in senso buono. La storia dello scrittore dell'opera è inserita dentro la storia di un uomo che ha perduto la memoria con appunti ai margini che costituiscono un'altra storia legata anche a lettere, cartoline, fotografie allegate al libro stesso. Un'esperienza super immersiva, ma che può risultare anche molto confusionaria. Alcune persone preferiscono leggere il libro una volta per ogni filone differente, di modo da mettere un po' di ordine e non perdere dettagli importanti, ma io l'ho letto una sola volta seguendo tutte le storie in contemporanea e mi è piaciuto molto. Mi rendo conto di quanto possa fare paura e che necessiti di un alto livello di concentrazione, ma quando lo si porta a termine è molto soddisfacente. Se vi ho incuriositi e volete saperne di più vi rimando alla mia recensione.
Proprio in questi giorni ho poi deciso di affrontare la lettura di "Casa di Foglie" di Mark Z. Danielewski e non utilizzo il verbo "affrontare" a caso, si tratta di una lettura difficoltosa. Un Horror che tratta di una casa inquietante, che ci modifica inaspettatamente facendo apparire stanze e corridoi impossibili e privi di luce, tutto questo viene narrato da Zampanò attraverso la descrizione di un film girato su quella casa, lui vi aggiunge moltissime digressioni andando a formare una seconda storia a cui si aggiunge poi quella personale di Johnny, colui che trova gli appunti di Zampanò e tenta di decifrarli e riassemblarli. Vi sono moltissime note a piè di pagina e alcune di queste si dilungano per pagine intere, oltre a ciò le frasi sono disposte in modo variegato, scritte al contrario, spezzate, con le parole intervallate da ampi spazi bianchi, riquadrate, sbarrate e colorate. Non è questa struttura a causarmi difficoltà, ma sono le note di Johnny, di cui non me ne importa proprio niente perché non sopporto lui come personaggio, non vedo il motivo di inserire nella storia la narrazione di tutte le sue conquiste, delle sue paure e delle sue sbronze, è un personaggio perfettamente inutile e antipatico, mi disgusta profondamente anche per il linguaggio volgare che utilizza. Oltre a ciò si tratta di un Horror e io sono molto esigente per quanto riguarda questo genere, ho degli elementi che mi piacciono e altri che aborrisco, per il momento ho letto ancora troppo poco per sapere se mi stia piacendo da questo punto di vista, ma il tutto è peggiorato dalle lunghissime digressioni perfettamente inutili. Non lo comprendo, semplicemente, non so perché l'autore abbia inserito queste riflessioni o un protagonista così facilmente disprezzabile o ancora perché abbia scelto la scrittura ergodica, perché spesso non ne vedo il senso, le parole sembrano disposte a caso così, solo perché si aveva voglia di disporle in questo modo. L'unico momento in cui questa strana disposizione ha senso è nella lettere della madre di Johnny, perché serve ad indicare la sua malattia mentale.
Ho trovato quindi due categorie principali: i libri sfidanti perché complessi dal punto di vista contenutistico e con un numero elevato di pagine e quelli che lo sono a causa della struttura. A mio parere quelli che attirano di più i lettori in cerca di una sfida sono i primi, i secondi sono qualcosa di nuovo che però non ha lo stesso impatto emotivo.
Con questo è tutto, ci tenevo a parlavi di questo argomento, viste le mie letture recenti. Ho blaterato così tanto che ormai il tè sarà freddo, spero che voi l'abbiate bevuto prima di arrivare alla fine del post, sennò mi sentirei in colpa.
* Un piccolo appunto: ovviamente i libri da me citati non sono tutti quelli che rappresentano una sfida, ve ne sono molti altri, ma questi sono quelli legati alla mia esperienza personale. Vi potrei aggiungere altre opere come "Gente di Dublino" di Joyce e "Moby Dick" di Melville. Anzi, se ne avete altri ditemeli pure, che potrei proseguire con questo discorso in futuro, tentando di leggerli prima o comunque informandomi.
Cosa ve ne pare?
Anche voi siete attirati da queste sfide?
Se sì, quali libri avete letto?
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